L’Unione europea, ormai da diversi anni, è impegnata nella sfida forse più importante della sua storia, quella della transizione ecologica. Grazie a un pacchetto di iniziative strategiche, denominato Green Deal europeo, il Vecchio Continente punta ad abbattere drasticamente le proprie emissioni e il consumo di materie prime, salvaguardando così l’ambiente e la salute umana.

Questa trasformazione coinvolge naturalmente anche la gestione dei rifiuti, che deve essere orientata dai principi dell’economia circolare, dando vita a un sistema economico in cui gli scarti diventano risorse. In quest’ottica è necessario parlare di ciclo integrato dei rifiuti, cioè di quell’insieme di processi che permettono di intercettare un rifiuto, avviarlo al corretto trattamento e recupero, per poi trasformarlo, attraverso tecnologie innovative che ne accrescono la possibilità di riutilizzo, o in nuova materia seconda da reinserire nel ciclo economico, o in energia rinnovabile (termica o elettrica) dando nuovamente avvio al ciclo di produzione di nuovi materiali. Trasformare gli scarti in nuova materia prima e/o energia, in base allo schema delle 5 R (riduzione, riuso, riciclo, raccolta e recupero), è fondamentale per avviare un percorso sostenibile a beneficio delle attività produttive, dei territori e delle comunità che li popolano. Queste indicazioni sono valide, naturalmente, anche per le imprese, che sono responsabili della produzione di una parte importante dei rifiuti a livello nazionale, i cosiddetti rifiuti speciali. In questo contesto, una spinta importante alla circolarità dei rifiuti speciali arriva dall’introduzione del RENTRI, il Registro Elettronico Nazionale per la Tracciabilità dei Rifiuti, che ha mosso i primi passi il 15 dicembre 2024 e che vede il suo primo avvio dal 13 febbraio 2025 per entrare a pieno regime dal 2026.
Cosa devono fare le imprese per smaltire correttamente i rifiuti speciali?

Ma cosa devono fare le imprese per gestire e smaltire correttamente i rifiuti speciali prodotti? Il primo passo necessario è prestare la massima attenzione agli aspetti normativi e operativi: è fondamentale infatti sapersi districare tra quelle che sono le diverse richieste del legislatore in modo da poter identificare e classificare correttamente la tipologia di rifiuto da trattare, per poterlo poi gestire e smaltire correttamente. È necessario poi monitorare costantemente le continue variazioni legislative su questa materia (come dimostra appunto l’entrata in vigore del RENTRI), che è in costante evoluzione. Un ulteriore step fondamentale per le aziende è quello di selezionare, attraverso un efficace sistema di controllo, quei soggetti della filiera che diano le massime garanzie sul corretto smaltimento dei rifiuti speciali (trasporti, impianti di smaltimento, ecc.). Scegliere operatori poco affidabili espone le aziende non solo al rischio di sanzioni - la normativa prevede la responsabilità condivisa dei soggetti della filiera -, ma comporta anche un rischio di immagine che può comprometterne la reputazione.
Cosa cambia con il RENTRI
Quando si parla di circolarità relativamente ai rifiuti, un aspetto che non può essere assolutamente trascurato è quello della tracciabilità. Con questo termine ci si riferisce alla capacità di seguire il percorso dei rifiuti dall’origine sino allo smaltimento finale. Si tratta di un processo fondamentale per evitare che i rifiuti finiscano dispersi nell’ambiente o che non siano correttamente smaltiti. Per fare bene la tracciabilità, in particolare occorre conoscere:
- quantità e caratteristiche del rifiuto;
- chi lo ha prodotto, quando e dove;
- chi lo ha sottoposto a trattamento o riutilizzo;
- chi lo ha trasportato.
Fino al 13 febbraio 2025, ogni movimentazione dei rifiuti speciali veniva annotata su di un registro di carico e scarico che le imprese conservavano in formato cartaceo presso la propria sede. Ogni trasporto di rifiuti era accompagnato da un Formulario di identificazione in formato cartaceo (in quattro copie, la quarta rappresentava prova di avvenuto conferimento per il produttore).
Chiaramente si trattava di un processo completamente analogico, che portava con sé molte possibilità di errori e incongruenze. Come accennavamo, un passo importante verso la tracciabilità arriva grazie al RENTRI, il Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti (previsto dalla strategia nazionale per l’economia circolare e dal PNRR, secondo quando definito dal D.M. 4 aprile 2023, n. 59). Con il nuovo sistema tutta la documentazione diventerà digitale, pur continuando a essere conservata dalle imprese, e dovrà essere anche trasmessa al RENTRI.
Più nel dettaglio, il RENTRI introduce, a regime (dal 13 febbraio 2025), un modello di gestione digitale dei formulari di identificazione del trasporto (FIR) e dei registri cronologici di carico e scarico. L’obiettivo, attraverso la messa a sistema delle informazioni contenute in questi documenti, è quello di assicurare un costante monitoraggio dei flussi dei rifiuti e di materia, basato sulla verifica di ogni codice EER (Elenco Europeo Rifiuti) e di ciascun punto di generazione del rifiuto. I dati raccolti saranno poi resi disponibili per i controlli e le politiche ambientali.
Ma chi è interessato da questo cambiamento? La normativa prevede che a regime sono soggette al RENTRI le imprese che effettuano il trattamento dei rifiuti, quelle che li trasportano, intermediari, consorzi, imprese, enti e altri soggetti che producono rifiuti pericolosi ma anche imprese ed enti con più di dieci dipendenti che producono rifiuti non pericolosi nell’ambito di attività industriali o artigianali.
Sfide, obblighi e opportunità legate all’introduzione del RENTRI saranno al centro del webinar "RENTRI: solo adempimento o anche opportunità?", organizzato da Edison NEXT in collaborazione con Nextwork360, in programma il prossimo 20 maggio (dalle 12.00 alle 13.00). Un talk per avere una visione completa e scoprire strumenti, competenze e strategie per rispettare la normativa e sfruttare la digitalizzazione della gestione dei rifiuti per lo sviluppo di modelli circolari e sostenibili.
Le tempistiche del RENTRI
L’introduzione di questo nuovo sistema è comunque graduale e articolata in tre scaglioni.
Dal 15 dicembre 2024 al 13 febbraio 2025 sono state interessate soprattutto le grandi realtà, ovvero:
- i produttori iniziali di rifiuti pericolosi e/o rifiuti non pericolosi derivanti da lavorazioni industriali, da lavorazioni artigianali (più gli altri casi) che occupano più di 50 dipendenti;
- gli enti e le imprese che effettuano il trattamento dei rifiuti;
- gli enti e le imprese che eseguono il trasporto di rifiuti a titolo professionale o che operano in qualità di commercianti o intermediari di rifiuti senza detenzione;
- i consorzi.
Dal 15 giugno 2025 al 14 agosto 2025 sarà la volta delle medie imprese, in particolare:
- i produttori iniziali di rifiuti pericolosi e/o rifiuti non pericolosi derivanti da lavorazioni industriali, da lavorazioni artigianali (più gli altri casi) che occupano tra 11 e 50 dipendenti.
Infine, dal 15 dicembre 2025 al 13 febbraio 2026 sarà il turno anche delle piccole aziende, ovvero:
- i produttori iniziali di rifiuti pericolosi derivanti da lavorazioni industriali, da lavorazioni artigianali (più gli altri casi) che occupano fino a 10 dipendenti.
A prescindere dalle date dei tre scaglioni, occorre considerare che dal 13 febbraio 2025 sono entrati in vigore i nuovi modelli dei formulari di identificazione del rifiuto (FIR), la cui vidimazione sarà esclusivamente digitale tramite il portale RENTRI. I “vecchi modelli” non potranno più essere utilizzati anche se già vidimati. La vidimazione digitale dei FIR sarà operativa sul portale RENTRI già a partire dal 23 gennaio 2025. A partire da 13 febbraio 2026 gli iscritti al RENTRI produrranno il FIR esclusivamente in formato digitale.
Sempre dal 13 febbraio 2025 sono entrati in vigore anche i nuovi modelli di registro cronologico di carico e scarico. A partire dalla data di iscrizione al RENTRI la vidimazione e la tenuta dei nuovi modelli di registro di carico e scarico sono effettuate in modalità digitale.
I numeri della produzione di rifiuti industriali

Ma quanto pesano i rifiuti prodotti dalle aziende nell’economia nazionale? Alcuni numeri importanti arrivano dall’ultimo Rapporto Rifiuti Speciali dell’ISPRA, che evidenzia come nel 2022 le attività industriali, commerciali, artigianali, di servizi, di trattamento dei rifiuti e di risanamento ambientale abbiano generato complessivamente 161,4 milioni di tonnellate di rifiuti speciali (151,4 milioni di tonnellate quelli non pericolosi), registrando una diminuzione del 2,1%, equivalente a oltre 3,4 milioni di tonnellate in meno rispetto all'anno precedente. In particolare, è il settore delle costruzioni e demolizioni - con quasi 80,8 milioni di tonnellate - quello con la maggiore produzione totale di rifiuti speciali, tanto da concorrere per il 50% alla produzione complessiva.
È invece il settore manifatturiero ad incidere maggiormente sulla produzione dei rifiuti pericolosi con il 37,3%, corrispondente a 3,7 milioni di tonnellate.
Il Nord d’Italia, grazie al suo ruolo di traino dell’economia nazionale, assorbe la maggior produzione di rifiuti speciali, con quasi 92,7 milioni di tonnellate. In testa la Lombardia con 35,3 milioni di tonnellate, mentre il Centro si attesta a 28,1 milioni, con il Lazio capolista che produce quasi 11,2 milioni di tonnellate di rifiuti speciali. Al Sud il valore di produzione è di 40,6 milioni di tonnellate. Che fine fanno i rifiuti speciali? Il recupero di materia costituisce la quota predominante della gestione con il 72,2% dei volumi (127,6 milioni di tonnellate), mentre le operazioni di smaltimento rappresentano il 14,9%. Lo smaltimento in discarica interessa circa 8,9 milioni di tonnellate di rifiuti (il 5% del totale gestito).
Da rilevare che in Italia ci sono 10.806 impianti dedicati alla gestione dei rifiuti. Nel dettaglio, gli impianti di recupero di materia sono 4.662 e costituiscono il 43,1% della dotazione impiantistica nazionale; 1.713 sono gli impianti dedicati esclusivamente allo stoccaggio dei rifiuti (15,9 % del totale degli impianti); gli impianti di autodemolizione con 1.448 infrastrutture rappresentano il 13,4% del totale; infine, gli impianti industriali che effettuano il recupero di materia all’interno del proprio ciclo produttivo sono 1.228 (11,4%).
Vista, dunque, la complessità tecnico-normativa della materia, affidarsi a un operatore altamente qualificato, può risultare una soluzione efficace per le aziende che sono interessate dall'introduzione del RENTRI e che vogliono ridurre il rischio di incorrere in sanzioni, salvaguardando al contempo la salute di territori e cittadini. Edison NEXT studia e sviluppa soluzioni personalizzate per gestire correttamente e valorizzare in modo efficiente i rifiuti industriali, garantendo al produttore il controllo della filiera e la correttezza degli adempimenti amministrativi. Le soluzioni di Edison NEXT permettono, infatti, anche una gestione a 360 gradi, con un controllo centralizzato di tutta la catena dello smaltimento dei rifiuti e un presidio operativo in sito a supporto del cliente.
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