L’Europa deve cambiare. Solo così potrà essere più competitiva e produttiva, in modo da preservare il tessuto industriale e riuscire a finanziare il proprio modello sociale. Lo ha messo nero su bianco Mario Draghi nel suo rapporto “The future of European competitiveness” commissionatogli dalla presidente della Commissione UE, Ursula Von Der Leyen.
L’Europa per crescere deve cambiare
Il rapporto Draghi evidenzia che non c’è un pericolo immediato, ma se l’Europa non riesce a innescare un cambiamento radicale per diventare più produttiva e crescere, sarà costretta a ridimensionare le sue ambizioni: non sarà in grado di diventare, allo stesso tempo, un leader nelle nuove tecnologie, un faro della responsabilità climatica e un attore indipendente sulla scena mondiale. Se non si interviene rapidamente, il divario di competitività che si è creato con Stati Uniti e Cina rischia di aumentare sempre di più. Il dislivello del Prodotto Interno Lordo tra UE e USA, sulla base dei prezzi del 2015, è passato dal 15% nel 2002 al 30% nel 2023, mentre a parità di potere d'acquisto è emerso un gap del 12%. Il fattore chiave del crescente divario di produttività tra l'UE e gli Stati Uniti è stata la tecnologia digitale. Solo quattro delle 50 principali aziende tecnologiche mondiali sono europee e la posizione globale dell'UE in questo settore si sta deteriorando: dal 2013 al 2023, la quota dei ricavi globali nelle tecnologie è scesa dal 22% al 18%, mentre quella degli Stati Uniti è aumentata dal 30% al 38%.
L’Europa è in grande ritardo anche nel settore dell’informatica quantistica, che è destinata a diventare la grande innovazione del futuro: delle prime dieci aziende tecnologiche a livello globale, in termini di investimenti nel comparto, cinque hanno sede negli Stati Uniti, quattro in Cina, nessuna nell'UE.
Servono due Piani Marshall
Il rapporto Draghi non si limita però a fare un’analisi della situazione, ma propone una serie di soluzioni per fronteggiare la difficile situazione che l’UE sta attraversando, individuando tre aree di intervento: innovazione, decarbonizzazione e sicurezza (“prerequisito per una crescita sostenibile”). A riguardo, nella relazione sono elencate 170 proposte di riforma, che, tra l’altro, prevedono il completamento del mercato unico, più coerenza tra le politiche industriali, un debito comune e un cambiamento della governance che porti a meccanismi decisionali più veloci.
Draghi avverte però che per realizzare le sue proposte serviranno investimenti ingenti: circa 750-800 miliardi di euro l’anno, ovvero una cifra che è circa il 4,4-4,7% del PIL della UE nel 2023. Per dare l’idea della rilevanza di tali investimenti, Draghi porta come esempio il Piano Marshall: all’epoca gli investimenti sono ammontati a circa l’1-2% del Pil. In pratica, con la sua proposta, Draghi prevede di realizzare l’equivalente di due Piani Marshall.
Decarbonizzazione e competitività
Il rapporto sottolinea che l’Europa deve affrontare alcune scelte fondamentali per riuscire a trovare un equilibrio tra gli obiettivi di decarbonizzazione e la necessità di mantenere la competitività della propria industria nel mercato globale. La decarbonizzazione, infatti, è vista come un'opportunità per il settore industriale europeo, a patto però che gli ambiziosi obiettivi climatici della UE - superiori a quelli di Stati Uniti e Cina - vengano accompagnati da un piano coerente per raggiungerli. L’Europa, infatti, deve coordinare le proprie politiche con il fine di ridurre e stabilizzare i prezzi dell'energia per favorire una transizione verso fonti energetiche pulite, aumentare la capacità di generazione e gli investimenti nelle reti, e velocizzare le autorizzazioni a favore delle tecnologie green. Nonostante l'Europa sia leader nell'innovazione e nelle tecnologie pulite, come turbine eoliche ed elettrolizzatori, la concorrenza della Cina minaccia la sua competitività. Sostenuta da sussidi statali, la capacità produttiva cinese di fotovoltaico e batterie in eccesso rischia in futuro di rendere l'UE dipendente dalle importazioni.
La carenza di capacità di generazione e i costi energetici elevati rappresentano quindi seri ostacoli alla crescita economica, poiché influenzano negativamente gli investimenti aziendali - soprattutto nel caso delle industrie energivore - portando a una riduzione della produzione e a un aumento delle importazioni da paesi con costi inferiori.
Le sfide nel settore energetico
Per quanto riguarda il settore energetico, il rapporto Draghi evidenzia il divario del costo dell’energia tra l'UE e gli Stati Uniti, aggravato dalla mancanza di risorse naturali in Europa e dai problemi strutturali nei mercati energetici dell'UE. Il rapporto sottolinea come la dipendenza dai prezzi spot del gas porti a una maggiore volatilità e anche come la crisi energetica recente abbia ulteriormente aggravato queste problematiche. Nonostante l'aumento degli investimenti nelle rinnovabili, i prezzi dell'energia green e nucleare restano legati ai combustibili fossili, limitando i benefici per gli utenti. Per contrastare questa situazione è quindi necessario sviluppare politiche per disaccoppiare il prezzo dell'energia rinnovabile dai combustibili fossili, ma la mancanza di una strategia industriale coordinata indebolisce la posizione dell'Europa. In quest’ottica, strumenti come i Power Purchase Agreement (PPA) e i Contratti per Differenza (CfD) potrebbero attenuare questi effetti, ma in Europa sono ancora poco sviluppati.
Nonostante l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili nell’UE risulti in aumento e vi sia un’esigenza di un incremento della capacità installata di energia solare ed eolica, la realizzazione di nuove forniture energetiche e reti è ostacolata da processi di autorizzazione con tempi lunghi e variabili tra Stati membri.
Rendere più competitiva l’Europa in ambito energetico è quindi fondamentale. Per farlo il rapporto Draghi raccomanda il perseguimento di due obiettivi: ridurre il prezzo dell'energia per l'utente finale e accelerare la decarbonizzazione in modo efficiente dal punto di vista dei costi, sfruttando tutte le soluzioni disponibili (dalle rinnovabili fino al nucleare, passando per l’idrogeno, ecc.), con un approccio tecnologicamente neutro.
Nello specifico, per il gas naturale viene proposto di incoraggiare il progressivo abbandono dell'approvvigionamento da forniture spot, di rafforzare gli acquisti congiunti e di limitare comportamenti speculativi. Per l'energia elettrica: semplificare i processi amministrativi e di autorizzazione, promuovere aggiornamenti della rete, e disaccoppiare la remunerazione delle FER e del nucleare dai combustibili fossili.
Come migliorare la competitività delle industrie energivore
Nel rapporto, Draghi identifica i 10 settori industriali strategici per la competitività dell’UE: industrie energivore, automotive, difesa, digitalizzazione, energia, farmaceutica, materie prime essenziali, spazio, tecnologie pulite e trasporti. Per quanto riguarda le industrie energivore dell'Unione Europea, il rapporto evidenzia che si trovano ad affrontare notevoli difficoltà nel percorso verso la decarbonizzazione. Gli ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni dell'UE comportano costi più elevati e richiedono ingenti investimenti in tecnologie di produzione più ecologiche, oltre a un notevole aumento della domanda di elettricità e combustibili puliti. Si prevede che nei prossimi 15 anni la decarbonizzazione costerà complessivamente 500 miliardi di euro alle quattro maggiori industrie energivore europee (chimica, metalli di base, minerali non metalliferi e carta). Il Green Deal europeo ha introdotto misure di supporto finanziario, come il programma NextGenerationEU, e meccanismi di difesa del mercato, come il CBAM. Tuttavia, queste misure potrebbero non essere sufficienti a garantire la competitività delle industrie energivore europee nel lungo termine.
Competitività che potrebbe essere compromessa dall'eliminazione graduale delle assegnazioni gratuite dei certificati ETS e dall'aumento del prezzo del carbonio.
Il CBAM, che entrerà in vigore progressivamente dal 1° gennaio 2026, mira a prevenire la delocalizzazione delle emissioni di carbonio, imponendo tasse sulle emissioni di CO2 associate ai prodotti importati. Questo meccanismo cerca di creare un campo di gioco equo per la decarbonizzazione delle industrie energivore e di incentivare i partner commerciali a introdurre meccanismi di fissazione del prezzo del carbonio simili.
Tuttavia, il rapporto Draghi sostiene che l'efficacia del CBAM è incerta a causa della sua complessità progettuale, della frammentazione della sua attuazione a livello degli Stati membri e della necessità di una robusta cooperazione internazionale. Tra i principali rischi associati al CBAM, per esempio, c’è la difficoltà di garantire una sua attuazione coerente e uniforme, data la complessità di tracciare le emissioni per una vasta gamma di prodotti e lungo le catene del valore.
Il successo del CBAM e delle altre misure normative sarà cruciale per mantenere la competitività delle industrie energivore europee.
Per accelerare il processo di decarbonizzazione delle industrie pesanti, il rapporto suggerisce anche la necessità di un’espansione di tutti gli strumenti che offrono supporto alla transizione verde quali il Net-Zero Industry Act (NZIA), i Contratti per Differenza di Carbonio e la Banca Europea dell'Idrogeno.
Le opportunità offerte dall’economia circolare per le industrie pesanti
L'economia circolare offre un’occasione significativa per le industrie energivore di ridurre l'uso di energia e le emissioni di carbonio, specialmente per metalli come alluminio, ferro e acciaio, per i quali il riciclo è più vantaggioso rispetto alla produzione da materiali vergini. Questo approccio può abbattere i costi e diminuire la dipendenza dalle importazioni di materie prime fossili.
L’UE potrebbe potenzialmente soddisfare da metà a tre quarti del suo fabbisogno di metalli per le tecnologie pulite nel 2050 attraverso il riciclo locale. Nel rapporto Draghi si raccomanda pertanto di istituire un mercato unico dei rifiuti e della circolarità. Per raggiungere questo obiettivo sarà necessario rafforzare il mercato secondario dei rifiuti di materie prime critiche, applicare efficacemente la normativa esistente in materia di raccolta e spedizione dei rifiuti per consentire una maggiore scalabilità e coordinare i controlli dell’UE sulle esportazioni di rifiuti.
Obiettivi e proposte per il settore industriale ad alta intensità energetica
Per coniugare competitività e obiettivi di decarbonizzazione dei settori industriali ad alta intensità energetica europei il rapporto Draghi suggerisce una serie di proposte che raccomandano di:
- aumentare il livello di coordinamento tra le molteplici politiche che impattano sull'UE (come energia, clima, ambiente, commercio, circolarità e crescita);
- garantire l'accesso a una fornitura competitiva di gas naturale durante la transizione e a risorse elettriche decarbonizzate e di idrogeno pulito;
- semplificare e accelerare i processi di autorizzazione e ridurre costi, burocrazia e onere normativo;
- sviluppare ulteriormente soluzioni finanziarie per le industrie energivore;
- rafforzare i finanziamenti pertinenti per sostenere la decarbonizzazione del settore, iniziando con la destinazione dei ricavi ETS;
- semplificare, accelerare e armonizzare i meccanismi di allocazione dei sussidi, adottando strumenti comuni tra gli Stati membri, come la Banca Europea dell'Idrogeno e i Contratti per Differenza sul Carbonio;
- monitorare attentamente e migliorare la progettazione del CBAM durante la fase di transizione. Valutare se posticipare la riduzione delle quote ETS gratuite qualora l'implementazione del CBAM risulti inefficace;
- stimolare la domanda di prodotti verdi;
- migliorare la circolarità delle materie prime;
- garantire l'efficace progettazione di accordi commerciali globali;
- coordinare la creazione di cluster industriali regionali verdi intorno alle industrie energivore dell'UE.
Elettricità calmierata grazie al nuovo decreto Energy Release
Un supporto concreto a favore delle imprese energivore arriva dal nuovo decreto Energy Release che stabilisce la cessione anticipata di energia elettrica a prezzi calmierati da parte del Gse (Gestore Servizi Energetici) alle imprese energivore che si impegnano a realizzare nuova capacità di generazione green entro 40 mesi dalla sottoscrizione e a restituire l’energia anticipata entro 20 anni. La nuova capacità è realizzata mediante nuovi impianti da fonti rinnovabili, oppure mediante il potenziamento di strutture esistenti, di potenza minima pari almeno a 200 kW.
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