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Distretti energetici circolari: nuove cittadelle del riciclo

Grazie alla simbiosi degli impianti i rifiuti diventano risorse

06 novembre 2024
Distretti energetici circolari: nuove cittadelle del riciclo

Distretti energetici circolari: nuove cittadelle del riciclo

Grazie alla simbiosi degli impianti i rifiuti diventano risorse

06 novembre 2024
Distretti energetici circolari: nuove cittadelle del riciclo

Distretti energetici circolari: nuove cittadelle del riciclo

Grazie alla simbiosi degli impianti i rifiuti diventano risorse

06 novembre 2024
Distretti energetici circolari: nuove cittadelle del riciclo
circular economy

Per raggiungere gli obiettivi stringenti di decarbonizzazione che si è posta l’Unione Europea risulta fondamentale trovare una soluzione sostenibile allo smaltimento dei rifiuti.

Si tratta di una soluzione che va individuata nel quadro di quella che viene definita economia circolare, ovvero un sistema economico che riesce a trasformare gli scarti in risorse.

Ma come fare a riutilizzare i rifiuti, dando loro una seconda vita? Un aiuto significativo arriva dalla creazione di appositi distretti energetici circolari, vere e proprie “cittadelle del riciclo” in cui recuperare e rimettere in circolo, sotto forma di energia e/o di nuova materia seconda, ciò che finora viene smaltito tramite discariche. 

Discariche al limite: la soluzione sta nel passaggio all’economia circolare 

Per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, come previsto dal Green Deal europeo, è necessario che gli stati membri passino da un’economia lineare, basata sullo schema “estrarre, produrre, utilizzare e gettare”, a un sistema di consumi e di produzione circolare, in cui i rifiuti diventano risorsa per altri processi produttivi.  

circular economy

Una delle grandi sfide è quella di ridurre la quantità di rifiuti che finiscono in discarica. Già nel 2008 la Direttiva rifiuti europea richiedeva agli stati membri di ridurre questa quantità sotto il limite del 10%.

L’Italia però è ancora lontana dal raggiungimento di questo obiettivo: secondo i dati del Rapporto Rifiuti Urbani 2023 di Ispra, infatti, la percentuale dei rifiuti prodotti nel 2022 sul territorio nazionale che finisce in discarica è ancora del 18%.

Ridurre questa soglia è ormai una priorità: Utilitalia calcola che le regioni italiane raggiungeranno in media la totale saturazione delle discariche tra 2,7 anni. La situazione poi è ancora più critica al Sud dove si è già raggiunta la quasi totale saturazione e buona parte dei rifiuti viene trasportata al Nord. 

Passare quindi da una gestione lineare a un ciclo integrato di rifiuti permette un aumento della porzione di scarti riciclati e recuperati. 
Nello specifico il ciclo integrato dei rifiuti urbani rappresenta quell’insieme di processi che permettono di intercettare un rifiuto, avviarlo sul corretto trattamento e recupero, per poi trasformarlo, o in nuova materia seconda da reinserire nel ciclo economico, o in energia rinnovabile (termica o elettrica) dando nuovamente avvio al ciclo di produzione dei materiali.  

Dal 2008 a oggi, la normativa ha stabilito alcune regole per facilitare il passaggio all’economia circolare: si è passati dalla prima direttiva rifiuti Ue (quella che ha posto il limite del 10% ai rifiuti in discarica), al Piano di azione per l’economia circolare del 2020, in cui si dice che l’economia circolare comporta un risparmio di CO2 pari al 45%, fino alla strategia nazionale per l’economia circolare del 2022 in cui si parla per la prima volta di distretti circolari in grado di raccogliere, gestire e valorizzare i rifiuti.  

Distretti energetici circolari: cittadelle del riciclo a chilometro zero 

I distretti energetici circolari sono un complesso di impianti integrati e interconnessi tra loro, strutturati in uno specifico territorio, che, basandosi sui principi dell'economia circolare, apportano benefici economici e ambientali.  Gli impianti, pensati per trasformare i rifiuti in energia e in nuovi materiali (materia seconda) che poi vengono riutilizzati altrove, lavorano in simbiosi tra loro: ciò che fuoriesce da un impianto diventa alimento per l’altro.  

circular economy

La localizzazione nella medesima area di diversi impianti per il trattamento dei rifiuti permette di:   

1) minimizzare i costi di trasporto di alcuni materiali e il relativo impatto in termini di CO2 sul territorio, quindi ridurne al minimo l’inefficienza economica;  
2) condividere l’energia prodotta nei diversi processi, ottimizzando il bilancio energetico e praticamente azzerando gli scarti; 
3) offrire nuove opportunità occupazionali nello sviluppo e gestione degli impianti; 
4) consentire il miglior utilizzo del territorio, poiché diversi impianti vengono raggruppati in un’area circoscritta accentrando i processi a chilometro zero. 

Il modello messo a punto dal Politecnico di Torino 

Il Politecnico di Torino, su iniziativa di Edison NEXT, ha messo a punto una modellazione “scientifica” di un distretto circolare che unisce la gestione dei rifiuti, la gestione delle acque e la termovalorizzazione, favorendo la simbiosi tra i diversi impianti.  È stato sviluppato così un modello scalabile e applicabile a tutte le province o gruppi di Comuni, di un distretto a chilometro zero ove diversi impianti lavorano in simbiosi tra loro.  

Applicando per esempio questo modello a una provincia italiana di dimensioni medie (400mila residenti, circa 620mila abitanti equivalenti¹) che conferisce al distretto circolare oltre 48mila tonnellate di rifiuti biologici e da trattamento acque, è possibile produrre energia elettrica rinnovabile per circa 119 GWh all’anno corrispondenti al fabbisogno annuale di circa 44mila famiglie ed energia termica per oltre 178 GWh all’anno, corrispondenti al fabbisogno annuo di più di 17mila famiglie², e garantisce un taglio delle emissioni di CO2 di quasi 128mila tonnellate all’anno rispetto alla produzione con fonti fossili³. 

I distretti energetici circolari hanno anche il vantaggio di eliminare gli sprechi idrici: grazie, infatti, al trattamento chimico-fisico-biologico delle acque reflue civili provenienti da altri impianti, si separa il materiale particolato inquinante e altri rifiuti grossolani dall’acqua depurata. Dal trattamento delle acque reflue vengono prodotti sia fanghi utilizzabili dai digestori per produrre biometano e compost, sia acqua pulita da reintrodurre in agricoltura per l’irrigazione.  

circular economy

In questi modelli sono presenti di norma biodigestori che, attraverso una gestione interna dei rifiuti organici agro-industriali e civili, e dei fanghi che provengono dal trattamento delle acque, producono compost/digestato da usare in agricoltura come fertilizzante, biometano e CO2 per scopi industriali e agricoli. 

Infine, i rifiuti indifferenziati, sia urbani che provenienti da biodigestori, la plastica e la frazione organica dei rifiuti solidi urbani, vengono bruciati ad alte temperature senza immettere agenti inquinanti in atmosfera per poter generare non solo calore che viene immesso sia nella rete di teleriscaldamento sia nel biodigestore, ma anche energia elettrica che, da un lato, viene immessa in rete e, dall’altro, può alimentare la mobilità elettrica; oltre a ceneri da riutilizzare per materiali da costruzione.  

Come realizzare un distretto energetico circolare 

Per realizzare distretti di questo tipo è necessario avviare un percorso con le comunità e le istituzioni locali. Il punto di partenza è la conoscenza e l’analisi approfondita del territorio e delle sue risorse, in modo da identificare la configurazione impiantistica ottimale, adeguata alle esigenze del caso specifico. Si passa poi alla progettazione e realizzazione effettiva degli impianti (l'operatore energetico può anche partecipare all’investimento), per poi giungere alla successiva gestione e al monitoraggio dei risultati. 

Fondamentale risulta la collaborazione con gli stakeholder locali: la messa a terra di distretti energetici circolari, infatti, implica alcune difficoltà pratiche legate soprattutto ai tempi degli iter autorizzativi e burocratici, ancora troppo lunghi.  

La loro creazione inoltre presuppone, di norma, un largo coinvolgimento delle comunità locali, che, se scarsamente informate, rischiano di sollevare un tema di accettabilità degli impianti, erroneamente percepiti, non come risorsa per la collettività, ma come un problema.  

Per superare questi ostacoli è quindi indispensabile il supporto e la collaborazione delle istituzioni e degli enti locali, con l’obiettivo di avviare un dialogo costruttivo che coinvolga anche la cittadinanza. 

¹ L’abitante equivalente è convenzionalmente definito come la quantità di carico inquinante prodotto ed immesso nelle acque di scarico da un abitante stabilmente residente nell’arco della giornata. Fonte Istat: vai alla fonte

² Il calcolo si basa sui seguenti parametri per unità familiare: consumi medi elettrici pari a 2700 kWh all’anno e consumi medi di metano pari a 1000 m3 all’anno. 

³ La metodologia di calcolo di risparmio CO2 usa fattori di emissione per energia termica 0,405 tCO2 eq/MWh, energia elettrica da parco termoelettrico italiano 0,44 tCO2 eq/MWh. Fonte Database Ecoinvent Sphera 2022 

Con il contributo di

baldassarre
Giovanni Baldassarre
Responsabile Environmental Origination Circular Economy Edison Next

Pugliese, laureato in Economia Aziendale all’Università Bocconi di Milano, ha maturato un’esperienza ventennale nel settore della consulenza per l’alta direzione, lavorando per grandi realtà italiane e internazionali e sviluppando specifiche expertise su temi di sostenibilità e ambiente. In Edison dal 2019, ricopre il ruolo di Responsabile Environmental Origination nella Business Unit Circular Economy, occupandosi dello sviluppo di nuovi progetti e iniziative nei settori del biometano, del riciclo/recupero e della valorizzazione delle risorse.

TOPIC / TAG

Circular economy
Biometano
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